" Ti scrivo di questa nostra cosa che è finita, e di come sono, di cosa penso ora che l’ho persa, e soprattutto, ora che lo so che l’ho persa.
Nessun animale è sempre esistito in natura ma…alcuni mostrano più degli altri la giovinezza della loro specie…sono animali che vivono di una bellezza estranea e originale rispetto a quella del mondo, animali puri e belli, perché nuovi, vulnerabili e fragilissimi, perché nuovi, sono gli ibridi, sono i pipistrelli, i lemuri, quei lemuri che erano stati nell’isola della febbre del ragno rosso, mi pare, perché gli uomini dovevano proteggerli dalla loro stessa fragilità, dall’esposizione alla morte, cui la natura li aveva destinati ritorcendo contro di loro, la loro voglia di crescere, di vivere fuori dai progetti e dai disegni della natura stessa. Gli ibridi sono così, volatili come lo sono quegli elementi troppo leggeri per restare a terra, e caduchi come quei gravi troppo pesanti per rimanere sospesi a mezz’aria… tu sei così, sconvolgente e definitiva, puro vetro.
Capita spesso, in età vicina alla mia, di percepire la sensazione d’essere arrivati, d’essersi assestati e di poter cominciare a praticare la maturità, almeno la maturità come l’ho vista io…nel senso di consolidamento del corpo, virilmente rassegnato alla propria evocazione alla morte…proprio per questo, così pieno di se, pieno di giorni, pieno di passato, di presente e di ricordi, pieno di voglia di stare bene e di aspettare; questo senso sereno di mortalità, io l’ho perduto il giorno in cui ci siamo incontrati, l’ho perduto vedendo te che t’affannavi nella sopravvivenza, al rimescolarsi delle tue stesse viscere, della carne viva sotto la tua pelle, così fradicia d’anima, che non è mai riuscita a farti confondere tra la gente.
Io ho tirato fuori dall’incontro con la tua diversità, una sensazione nuova, vivace, dolorosa anche, la sensazione di scoprire l’esistenza di un punto d’arrivo, fuori da me, altro da me, la sensazione e la certezza di dover rimandare di molto, il momento di fermarsi.
E m’hai saputo parlare come nessuno prima di te…
Mi hai fatto vedere dietro l’uomo borioso e spavaldo il bambino e spaventato e il suo pianto offeso, ed è arrivata la paura, il terrore dell’imminenza del fallimento, della perdita e da li l’innesco autodistruttivo di una spirale di azioni e reazioni che m’hanno portato velocemente a distruggere tutto…quando ci si trova innamorati, si ha la sensazione che le immense diversità tra noi collassino a favore di un nuovo uno…eppure non è vero…è il risveglio da questa condizione è un risveglio sudato, è la scoperta ogni giorno di una nuova porzione di spazio tra l’uno e l’altro, tra a me e te…uno spazio che non sembra praticabile, è qui che t’ho perduta, nel rinnegare nella pratica di ogni minuto la distanza che ci distingueva eppure ci faceva liberi.
Ti scrivo e sono qui travolto dalla perdita di questa occasione, sento un sangue nero e denso di coaguli, ognuno una sofferenza, ognuno una parola non detta, o detta di troppo.
Ti scrivo della mia voglia semplice, umana, forse infantile, di smettere di soffrire e di pensare.
Ti scrivo di questa grande cosa nostra. Ti scrivo… "
Mundo Civilizado

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