Lettera per l'epistolario virale

Caro mio corrispondente,

ciao, piacere di... scriverti.

Mi auguro vivamente che tu e i tuoi cari stiate bene. Io ho questa fortuna.

È ormai un mese che sono chiusa in casa perché – avendo sottovalutato decisamente il rischio, come molti in realtà – mi trovavo in Lombardia per una missione speciale durante il fine settimana in cui è stato deciso di proclamare la regione zona rossa. Buffo tra l'altro, dato che alla Lombardia e al Veneto non si addice per niente quel colore vivo, di passione, non trovi? E se lo scrive una lombarda... Adesso che ci penso, è grazie al Veneto, regione alla quale sono profondamente legata, che ho conosciuto l'artefice di questo bel progetto... Ma non divaghiamo. O anche sì, che tanto tutti lamentano noia di questo periodo!

Tu come ci sei finito qui, a leggermi, intendo? Ti stai annoiando? Io mi vergogno un po' a dirlo... ma, io... io no, per niente. A me ci voleva veramente un periodo di isolamento. Sarà perché ho alle spalle più di due mesi di reclusione ospedaliera e di ermeticità corporea - chiamiamola così - a causa di una grave malattia, ma tutto ciò fa un baffo a delle settimane semplicemente a casa. Sarà anche il fatto che a causa di questa malattia faccio un lavoro decisamente poco soddisfacente, perciò queste settimane mi sento quasi al mare... senza mare, solamente con un costume - che fa tanto vacanza - e un balconcino. Sarà il fatto che da quel mio personale eventaccio non ho mai avuto un momento, nemmeno uno, mio, a casa, di tranquillità.  Perciò le cose da fare si accumulano in attesa del tanto agognato tempo, che era la cosa che più mi mancava. Il tempo per riposarmi abbastanza, per guardare negli occhi il mio ragazzo, per accarezzare le mie amiche feline, per accudire le piantine ormai secche sul balcone, per cucirmi un vestito che era nei miei piani da troppo tempo, per iniziare a leggere il comodino fatto di 18 libri che mi stava per seppellire, per rammendare i vestiti accatastati negli anni, per avere il tempo di cucinare, di stirare i vestiti per le occasioni che verranno, di tornare a scrivere, per fare ginnastica quando e per quanto dico io, per ascoltare audio libri troppo lunghi, per vedere tutti i film che mi sono annotata nell'ultima decade e per scoprire tesori nascosti in cassetti dimenticati. Ecco.

Adesso, non sto dicendo che valeva la pena che intrufolasse un virus mortale tra di noi perché io mi prendessi una vacanza, non mi fraintendere. Non intendo dire che il mio dramma sia più importante di una colossale pandemia, né è mia intenzione non portare rispetto alle persone che sono mancate o ai loro cari. È tragico tutto quello sta avvenendo al di fuori da queste mura. Stiamo vivendo un momento storico della portata del 11 settembre, di cui le prossime generazioni studieranno (annoiate) sui libri. Assodato ciò, io dico semplicemente che avevo bisogno di godermi questo tempo e che spero ne stia approfittando anche tu, di questa calma imposta. E penso veramente che ne avremmo bisogno di più tutti. Ma è così difficile auto-imporcela, vero? A volte in questi giorni mi riaffiora alla mente un aneddoto che mi raccontò un amico di ritorno da Bergen, nota per essere la città norvegese della pioggia. Questo amico era stato abbastanza fortunato da potersi godere una bella giornata di sole ma, lo tranquillizzò subito una cassiera locale "finalmente domani ritornerà a piovere!" Al suo sguardo interrogatorio l'autoctona si spiegò meglio: "sì, perché sai, almeno non avremo più tutta quella pressione sociale che ci costringerà ad uscire". Ecco, io mi sono scoperta più norvegese di quanto credessi durante questo isolamento. E tu, come te la stai vivendo? Stai lavorando forse? Hai scoperto qualche lato nuovo di te? Quante volte sei uscito recentemente? Com'è il mondo là fuori? Chiedo perché – dato che sto avidamente approfittando di ogni singolo momento regalatomi di questa vacanza al mare senza il mare – sono uscita solo una volta da un mese a questa parte, costretta dal mio ragazzo a gettare la spazzatura. Necessità. E ho avuto la riprova che non mi stavo perdendo nulla. Mi è parsa una scena del crimine, una banchetto tutto ben apparecchiato al quale misteriosamente nessuno stava prendendo parte. Altro che guerra, mi sono detta, memore dei racconti dei nonni. E poi sono corsa, proprio come farò ora, ad affaccendarmi in altre faccende. Scusami, ora devo veramente scappare, ma non vedo l'ora di conoscerti!

Paola


Pubblicato in Epistolario virale.

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