In quest'ultimo anno ho visto negli occhi delle persone la paura che immagino gli amici abbiano visto nei miei quattro anni fa, mentre mi aggrappavo alla vita come una stella marina si appiccica al fondale. Entrambi i nemici sono microscopici, solo che il mio era stato generato dal mio corpo e proprio lì mi ha fatto scontare un personalissimo lockdown, che poi si è spostato di reparto in reparto. Da allora mi sono scrollata di dosso tutti i sogni - troppo pesanti per continuare il viaggio con me - e spesso mi sono chiesta che forma avrà il tracciato che lascerà il filo che sto seguendo, ormai a tentoni.
L'altro giorno, mentre avevo gli occhi chiusi e il fisioterapista mi si è avvicinato, il profumo del suo camice mi ha ricordato il mare, forse perché proprio sulla spiaggia ho scontato un tempo indefinito di riabilitazione. E ho capito che quella paura s'è accomodata in me e difficilmente se ne andrà, dato che non esiste alcun vaccino che tenga. Consapevole che è stata solo una delle scheggie che la vita avrà probabilmente in serbo per me, a volte ho il presentimento che forse quel terrore mi ha fatto perdere la rotta. Ma che senso può avere una malattia che ti porta fino sulla soglia del non ritorno, te la mostra e ti riporta indietro? A imparare ad accettare quello che capita, senza riserve? Una messa alla prova? O forse è stato solo un assaggio di mortalità? I meno poetici la chiamano sfiga. Ma per una statistica questa è solo una probabilità presa sul personale. Più verosimilmente doveva solamente succedere. Invece il lasciarmi un dolore perenne e una disabilità latente, così che non lo dimenticassi mai, invece è stato un errore umano che mi ha catapultata precocemente in un girone. Ovvero quello di chi amava viaggiare e se non poteva partire allora scriveva per gli esploratori, di chi era fiera di fare ricerca e sognava un brillante futuro all'estero, aveva sempre l'agenda piena di impegni e di sogni, con le parole che non stavano dietro ai pensieri... ma adesso tutto ciò non se lo può più permettere, destinata a guardare gli altri avanzare mentre lei si affanna per rimanere a galla, combattendo una lotta interna che è bene non emerga. Strana la vita? Sì, anche un po' stronza, diciamocelo. Ma quattro anni fa il mio istinto l'ha scelta, perciò da oggi mi aspetta ancora solo un anno per mettermi in carreggiata e ritrovare la stella polare. Per tornare con occhi nuovi su strade che prima nemmeno vedevo, con persone che altrimenti non avrei mai conosciuto a fantasticare sogni fragranti che profumano di rugiada ancora non calpesta. Benvenuto ultimo anno sospeso e speriamo che ci sia ancora molta strada da fare prima di voltarsi indietro a guardare.

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