KITCHEN REMASTERED

 Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina. Se possibile le preferisco funzionali e vissute, meglio se con tantissimi strofinacci e le piastrelle incredibilmente sporche. Quando mi trovo al cospetto di queste non resisto alla segreta perversione di leccarle: devo identificare cosa esattamente ha schizzato dalla padella. Se il giorno prima Annie ha cucinato carne per le mie papille gustative è festa.

In generale, non mi piacciono gli elettrodomestici, soprattutto trovo irritante il rumore dell'aspiratore di briciole. Trovo invece irresistibile il frigorifero per il suo aspetto monolitico, adoro il fatto di sapere solo io che in freezer ci sia una statuina di Batman e mi appassiona osservarla ordinare i cibi per colore sui ripiani. Lei ha un problema con i cibi gialli: mais, ceci, patate, peperoni, banane, polenta, zafferano e ananas sono introvabili in casa. Credo le diano ai nervi come a me l'aspiratore di briciole. Trovo estremamente affascinanti e quasi eccitanti tutte le fissazione di Annie. Ad esempio, lei entra sempre in cucina con il piede destro e sta molto attenta a non calpestare le fughe fra le mattonelle, si lava le mani in modo compulsivo, alza e abbassa continuamente il volume della radio, incapace di trovare l'intensità adatta. Credo sia il suo metodo per tenere la mente occupata e sentire che tutto è sotto controllo.

«Diana, andiamo, dovresti uscire. Oggi David ci ha invitate al suo pic-nic di partenza. Non puoi sempre stare qui, la gente inizierà a pensare che ti vieti di uscire.» Ecco, non è vero che non mi piace uscire. Io adoro passeggiare al parco con Annie o accompagnarla a fare le commissioni; solo non mi piace passare in secondo piano quando incontra le persone, perciò preferisco aspettarla qui, in cucina, dove c'è un buon profumo di cibo. Io ho un olfatto formidabile: riesco a capire cosa ha mangiato una persona, o se è andata in bagno e non si è lavata, se ha fatto sesso nelle ultime ore e riesco perfino a riconoscere la paternità di un peto. Io sento tutto e ieri Annie aveva uno strano odore addosso, che non avevo mai sentito prima.

Mi sveglio e Annie è uscita, senza dire nulla. Strano. Decido di rovistare nella spazzatura per cercare qualche indizio. Un attimo dopo sono travolta dagli avanzi della cena di ieri e da fondi di caffè, senza trovare quello che cercavo. «Amore, sono tornata. Dove sei?» Quando entra in cucina si sta già togliendo la maglia ed è ancora tutto lì, sul pavimento, mentre io, abbattuta e sfinita, sono sdraiata a fianco alla prova schiacciante di quanto è successo. Inizia ad urlare mentre io non riesco ad aprire bocca. Mi eccita vederla così perché sono al centro delle sue attenzioni, sento che questo momento è una cosa solo nostra. Fortunatamente, dopo la prima reazione incontrollata, si calma, mi chiede scusa e mi accarezza la testa prima, la schiena poi. Mi sussurra parole buone, poi dice «Sono io la tua padroncina, sì? Non è così, Diana?» I ruoli fra me e Annie sono definiti: lei deve sempre avere il controllo su di me e questo mi piace. Adoro il modo in cui si occupa di me e amo vedere il mondo dai suoi occhi. Non mi serve uscire a conoscerlo, quando c'è lei che me lo racconta.

Di solito sono io a svegliarla la mattina. Poco prima della sveglia salgo sul suo corpo ancora intorpidito dal sonno e mi muovo dolcemente, voglio essere la prima cosa su cui i suoi occhi si posano ogni giorno. Occhi negli occhi, a volte leccandole le palpebre finché non emette un sospiro più profondo degli altri, mormora qualcosa e mi scosta. Esce dal letto, prepara il caffè, si lascia spiare in bagno e poi nuda, passeggiare per la casa e scegliere i vestiti. Poi mi infila il guinzaglio e mi porta al parco, a fare pipì, come tutte le mattine.

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